Partite a porte chiuse o rinviate a causa coronavirus sia in Serie A che in Serie B.

Coronavirus che ha già avuto effetti piuttosto importanti sul comportamento di alcuni: supermercati razziati così da fare scorte e pronto soccorso disertati per paura del contagio.

Cinque le partite a porte chiuse in Serie A che poi sono state rinviate, come Juventus-Inter al 13 maggio 2020.

Chiudere gli stadi significa evitare contagi da coronavirus e, dato che continuiamo a non essere virologi e infettivologi, non parleremo di questo aspetto, ma di un potenziale effetto collaterale.

Partite a porte chiuse.

Stadi, tifo e violenza

Il tifo da stadio è un modo come un altro per incanalare frustrazione, violenza e rabbia per sfogarle in modo socialmente accettato.

Anche se alcuni, rissosi e violenti, che difficilmente possono essere definiti tifosi, colgono l’occasione per delinquere con la scusa di essere arrabbiati per un gol o per un’azione fallosa.

Il tifo da stadio è quindi una sorta di regolatore sociale: lo stadio serve a sfogarsi, urlando e agitandosi, così che poi si possa tornare alla vita di tutti i giorni con meno capacità offensiva.

Partite a porte chiuse e possibili effetti

Ovviamente la maggior parte dei tifosi va allo stadio per spirito sportivo, non certo per sfogare la violenza repressa.

Ma alcuni, invece, sono in questa precisa condizione: andare allo stadio significa avere la possibilità di urlare la propria rabbia senza conseguenze.

Con le partite a porte chiuse questa opportunità viene meno e il potenziale rischio è che la rabbia esploda.

La partita allo stadio porta con sé una serie di emozioni che è impossibile provare se non allo stadio durante una partita: lapalissiano.

Non tutti i tifosi sono carini. (fonte web)

L’evento collettivo

L’importanza, come per i concerti, è l’evento collettivo. Condividere un’esperienza che non è solo la partita di calcio, ma tutto ciò che fa parte di una sorta di rituale (collettivo).

A iniziare dalla speranza che la propria squadra vinca che si trasforma in vera e propria sofferenza per un’ora e mezza di gioco e che, a ogni azione, provoca emozioni e sentimenti profondi.

Paura, rabbia, sorpresa, felicità, disprezzo, disgusto. Le partite possono finire in pareggio, ma non significa che non ci sia un vincitore: chi ha giocato meglio, per esempio.

O chi aveva già più punti in campionato.

Il lettore perdoni chi scrive che, oltre a non sapere niente di virus,
sa niente anche di calcio.
Ma sa di crimine.

Fermi e chiusi

Come fare, allora, per allentare la tensione che potrebbe manifestarsi a causa della pausa forzata da stadio?

Una delle alternative può essere di condividere comunque il momento.

Si può decidere di vedere la partita con un paio di amici. Senza respirarsi troppo addosso, così da non vanificare la disposizione di evitare di stare troppo ammassati.

Oppure si può optare per la video conferenza, così l’evento risulta collettivo, anche se si è seduti sul divano di casa, da soli.

Si tratta, naturalmente, di accorgimenti che non vogliono essere consigli.

Le persone equilibrate, ovvero stragrande maggioranza, non ha bisogno di chissà quali sfoghi per stare bene.

Ma è necessario rivolgere attenzione a chi equilibrato non è e il tifo è la variabile che lo aiuta a non esplodere.