La separazione come una meta da raggiungere a fine quarantena. È questo l’obiettivo di molte coppie.

Appena viene fatto presente che per le separazioni occorre addivenire a un accordo da siglare in tribunale oppure, dove non sia possibile, intraprendere un giudizio e che, in ogni caso, ci vuole tempo, ecco arrivare un sospiro e un “capisco, allora ci penso e magari richiamo.”

Durante le convivenze forzate da Coronavirus, infatti, separarsi può diventare un’esigenza che non ammette dilazioni.

C’è chi riesce in un enorme esercizio di sopportazione: non potendo uscire o andare a lavorare, i difetti dell’altro diventano peccati originali non tollerabili.

Ogni mania che non sia la nostra pesa come un’incudine, ogni parola non gradita viene amplificata come da mille altoparlanti, ogni gesto misurato e giudicato insufficiente.

Separazione e quarantena

C’è chi se ne fa una ragione e c’è chi no. E decide che, finita la quarantena, finirà anche il matrimonio.

In barba al mutuo ancora da pagare, in barba ai figli piccoli, in barba al cane e (ma lì scatta il sogghigno) in barba pure alla suocera.

A volte diventa una questione di mero principio: un signore settimana scorsa ha chiesto se poteva separarsi dalla moglie anche se non aveva un altro posto dove stare (quarantena o no) e quindi sì, sarebbe rimasto tutte le sere a guardare la tv con la moglie, ma da separato.

Separazione e considerazioni

Numerose sono le richieste di informazioni che giungono da parte di potenziali clienti interessati a procedere con la separazione dal marito o dalla moglie.

Al termine di questo periodo di forzato isolamento e di chiusura delle Corti di giustizia, ci si aspetta un decisivo incremento del contenzioso riguardante separazione, divorzio e cessazione di unioni civili.

E, in merito alle condizioni di affido dei figli, le regole di sicurezza imposte dal Governo sugli spostamenti sono state utilizzate da alcuni genitori come alibi per impedire una corretta gestione degli accordi di affido condiviso o semplicemente come arma di ricatto nei confronti dell’altro genitore.

Quarantena e violenza

Non c’è solo questo, purtroppo. In quasi due mesi di quarantena si contano almeno sei casi di femminicidio (emersi finora), e cioè di mogli o conviventi uccise dai mariti o dai compagni, tre dei quali si sono poi tolti la vita. 

Senza contare i casi di tentato omicidio e di percosse o lesioni.

La fase 2 come via d’uscita

Quanto alla violenza psicologica, che riguarda senza distinzione entrambi i generi, è un fenomeno talmente sommerso che nessuna statistica potrebbe mai rendere giustizia al dato reale.

La convivenza forzata non accende la miccia della violenza solo tra le coppie.

Moltissimi i casi di liti di condominio o tra estranei.

Ci sono stati anche tre casi di figli che hanno accoltellato a morte le rispettive madri e di tre uomini che hanno ucciso i propri fratelli.

Non può stupire, allora, che in tantissimi attendano l’agognata Fase 2 dell’emergenza Covid-19 non tanto o non solo per andare a correre o per comprare la carne dal macellaio di fiducia, quanto per avere una possibilità di cambiare le cose. O per avere una possibilità, punto.