Il Signor Distruggere, alias Vincenzo Maisto, è un blogger, scrittore per Rizzoli e influencer salernitano seguitissimo sui social network con oltre un milione di followers distribuiti sue tre social: Facebook, Instagram e Twitter. Partecipa spesso a eventi, fiere di tipo ludico e trasmissioni televisive nazionali.

Il Signor Distruggere, ovvero Vincenzo Maisto.

Qualche domanda al Signor Distruggere

CM: Buongiorno Vincenzo, mi confermi che è iniziato più o meno tutto nel 2017, o forse era prima? 

Il blog esiste dal 2011, nel 2016 era già seguito da 300.000 persone su Facebook e ancora non si parlava delle mamme pancine, poi dal 2017 c’è stata l’attenzione mediatica.

Mamme pancine alle prese con i dubbi.

CM: Nel 2017 il Signor Distruggere ha cominciato a condividere i post delle cosiddette pancine, post in cui future madri e neomadri raccontavano le pratiche e le credenze più assurde riguardo a gravidanza e maternità. È legale condividere pubblicamente un contenuto pubblicato in un gruppo chiuso? A che condizioni?

Io non potrei pubblicare una delle tante chat private di gente rancorosa dove, oltre a chiedermi la rimozione di determinati contenuti, discetta con variegati insulti, sulla mia persona. Appunto perché quella è una corrispondenza privata, poco importa che sia io il destinatario.

Diverso è per i gruppi con migliaia di persone, anche se con privacy segreta o chiusa, essi non rientrano nella corrispondenza privata. Nulla è privato se lo dici a 10.000 persone su un social network.

La legge non si è ancora espressa sull’argomento e se ciò costituisse reato Selvaggia Lucarelli avrebbe l’ergastolo, cosa che tendo a escludere essendoci stato l’altra sera a cena.

L’unico reato possibile è la “diffamazione”, cosa che viene scongiurata censurando i nomi e i riferimenti alle persone.

Non c’entra niente neanche il reato di cyberbullismo, non solo perché la legge in vigore si riferisce espressamente a tutela dei minorenni, ma anche perché i miei commenti agli screen sono sempre pacati, sintetici e ironici e, fortunatamente, in Italia esiste la responsabilità individuale.

Così come la pagina Facebook di Repubblica non è responsabile dei commenti dei suoi utenti sui soggetti di cui trattano i loro articoli condivisi, io non sono responsabile di ciò che scrive chi mi segue.

Un’altra mamma pancina in difficoltà.

Le minacce di denuncia al Signor Distruggere

CM: Vincenzo, come Signor Distruggere sei stato minacciato più volte di denuncia: qualcuno ci ha provato davvero? Com’è finita?

Che in 9 anni di attività con il blog non mi è mai arrivata neanche una diffida.

Le pancine e la crisi coniugale.

CM: E a proposito di minacce, se ricordo bene sei tu quello che ha ricevuto messaggi minacciosi, che coinvolgevano anche i tuoi famigliari. Cos’è successo?

Una signora in un gruppo chiuso disse di avermi visto accompagnare mia nipote all’asilo manifestando la sua volontà nello sgozzarla. Questo nel settembre 2017 e ci sono ancora le indagini in corso.

CM: Uno dei problemi che sono emersi con l’avvento dei social è la gestione delle notizie. E delle informazioni, soprattutto riguardo temi importanti, come la gravidanza e la maternità. Cosa pensi della possibilità di segnalare un contenuto come fake news? Si sta facendo abbastanza per arginarle?

Guarda, io non facendo informazione, ma intrattenimento, posso pubblicare ciò che voglio sulla base del mio umorismo. Appunto perché non sono un giornalista.

Gli screenshot delle pancine sono inverificabili, sono anonimi, le amministratrici dei gruppi non ti darebbero mai le generalità delle mittenti per una verifica, né si avrebbe garanzia che quelle signore abbiano realmente vissuto una data esperienza.

Quindi li si prende per quello che sono. Per quanto riguarda le fake news politiche, sulla Boldrini, sui migranti, sul gender, etc. trovano terreno fertile nei gruppi degli imbecilli, che poi fanno capo sempre al solito sentire politico.

Fortunatamente non ne vedo più, ho rimosso dalle mie amicizie tutti gli ebeti che ci cascavano, quindi ringrazio le fake news: mi hanno aiutato a togliermi di dosso la zavorra.